lunedì 10 giugno 2013

sonetto 22

Non mi convincerà lo specchio ch'io sia vecchio,
fin quando tu e giovinezza avrete gli stessi anni;
ma quando vedrò il tuo volto solcato dalle rughe,
allora m'aspetto che morte termini i miei giorni.
Infatti, tutto il decoro di tua bellezza
non è che luminosa veste del mio cuore
che vive nel tuo petto, come il tuo nel mio:
e allora come potrei essere di te più vecchio?
Perciò, amore mio, abbia di te gran cura,
come anch'io farò, non per me, ma per tuo bene,
costudendo il tuo cuore teneramente,
come nutrice col suo bimbo, che non gli incolga male.
Non contare sul tuo cuore quando il mio sia spento;
tu me lo donasti non per averlo indietro.
                                 

         
                                                                        William Shakespeare


da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/poesie/poesie-d-autore/poesia-113006?f=a:919>

gli occhi della mia donna

Gli occhi della mia donna non sono come il sole;
il corallo è assai più rosso del rosso delle sue labbra;
se la neve è bianca, allora i suoi seni sono bigi;
se i capelli sono crini, neri crini crescono sul suo capo.

Ho visto rose damascate, rosse e bianche,
ma tali rose non le vedo sulle guance;
e in certi profumi c'è maggior delizia
che non nel fiato che la mia donna esala.

Amo sentirla parlare, eppure so
che la musica ha un suono molto più gradito.
Ammetto di non aver mai veduto incedere una dea,
ma la mia donna camminando calca la terra.

Eppure, per il cielo, credo il mio amore tanto raro
quanto qualsiasi donna travisata da falsi paragoni.
                                                   
                               
                                                                                        -- William Shakespeare

lunedì 13 maggio 2013

la disperazione assoluta


Ci sono momenti nella vita,
che ti senti abbandonata da tutti;
momenti di disperazione
e riflessione profonda sul senzo della vita.
questi momenti molte volte
sono causati da relazioni andate a male.
Queste relazioni sono come delle corde:
tira, tira fino a quando arriva il punto che si spezzano.
La caduta è dolorosa
e provoca molte ferite profonde
che nei casi più fortunati
guariscono facilmente.
Ma le ferite passano,
ma resta sempre la cicatrice.

                                                                  Rita B.

aforismi

 - la lingua può impiccare l'uomo
    più velocemente di una corda.

                                                      Sioux


 - Io non cancello nulla in questa mia vita. Ogni cosa, ogni minima cosa, mi ha reso quel che sono adesso. Le cose belle mi hanno insegnato ad amare la vita, le cose brutte a saperla vivere.

                                                                Bob Marley

 - Nella vita ci sono le cose vere e le cose supposte: le cose vere le mettiamo da parte per il momento. Ma le supposte dove le mettiamo le supposte?

                                                                        Totò

poesia sulla depressione


Un prato fiorito


tutto ciò vedo, eccolo,


un fiore in mezzo agli altri.


Solitario esso è, 


petali chiusi ha,


tutto è chiuso e vuoto.


Vedere i suoi coetanei,


sbocciati al primo chiarore della primavera,


ma lui resta li,


passivo al mondo che gira.


Non sente la luce,


avverte disprezzo e poca utilità.


Poca è la sua volontà,


ruggisce l'anima sua,


nel vedere la bellezza che lo circonda,


chiusi sono i suoi petali alla bellezza.


HA tanto da dare e da ricevere,


le brezze, il chiarore del sole,


gli sono sconosciuti.


Non vuole aspettare altre primavere,


sbocciare è il suo desiderio.


La sua bellezza poco conta,


il suo profumo,


nascosto è,


petali rigidi lo rendono sofferente,


ma sbocciare è il suo miracolo.

anonimo

sabato 11 maggio 2013

il 5 maggo


Ei fu. Siccome immobile,
dato il mortal sospiro,
stette la spoglia immemore
orba di tanto spiro,
così percossa, attonita
la terra al nunzio sta,

muta pensando all'ultima
ora dell'uom fatale;
né sa quando una simile
orma di pie' mortale
la sua cruenta polvere
a calpestar verrà.

Lui folgorante in solio
vide il mio genio e tacque;
quando, con vece assidua,
cadde, risorse e giacque,
di mille voci al sonito
mista la sua non ha:

vergin di servo encomio
e di codardo oltraggio,
sorge or commosso al subito
sparir di tanto raggio;
e scioglie all'urna un cantico
che forse non morrà.

Dall'Alpi alle Piramidi,
dal Manzanarre al Reno,
di quel securo il fulmine
tenea dietro al baleno;
scoppiò da Scilla al Tanai,
dall'uno all'altro mar.

Fu vera gloria? Ai posteri
l'ardua sentenza: nui
chiniam la fronte al Massimo
Fattor, che volle in lui
del creator suo spirito
più vasta orma stampar.

La procellosa e trepida
gioia d'un gran disegno,
l'ansia d'un cor che indocile
serve, pensando al regno;
e il giunge, e tiene un premio
ch'era follia sperar;

tutto ei provò: la gloria
maggior dopo il periglio,
la fuga e la vittoria,
la reggia e il tristo esiglio;
due volte nella polvere,
due volte sull'altar.

Ei si nomò: due secoli,
l'un contro l'altro armato,
sommessi a lui si volsero,
come aspettando il fato;
ei fe' silenzio, ed arbitro
s'assise in mezzo a lor.

E sparve, e i dì nell'ozio
chiuse in sì breve sponda,
segno d'immensa invidia
e di pietà profonda,
d'inestinguibil odio
e d'indomato amor.

Come sul capo al naufrago
l'onda s'avvolve e pesa,
l'onda su cui del misero,
alta pur dianzi e tesa,
scorrea la vista a scernere
prode remote invan;

tal su quell'alma il cumulo
delle memorie scese.
Oh quante volte ai posteri
narrar se stesso imprese,
e sull'eterne pagine
cadde la stanca man!

Oh quante volte, al tacito
morir d'un giorno inerte,
chinati i rai fulminei,
le braccia al sen conserte,
stette, e dei dì che furono
l'assalse il sovvenir!

E ripensò le mobili
tende, e i percossi valli,
e il lampo de' manipoli,
e l'onda dei cavalli,
e il concitato imperio
e il celere ubbidir.

Ahi! forse a tanto strazio
cadde lo spirto anelo,
e disperò; ma valida
venne una man dal cielo,
e in più spirabil aere
pietosa il trasportò;

e l'avvïò, pei floridi
sentier della speranza,
ai campi eterni, al premio
che i desideri avanza,
dov'è silenzio e tenebre
la gloria che passò.

Bella Immortal! Benefica
Fede ai trïonfi avvezza!
Scrivi ancor questo, allegrati;
che più superba altezza
al disonor del Golgota
giammai non si chinò.

Tu dalle stanche ceneri
sperdi ogni ria parola:
il Dio che atterra e suscita,
che affanna e che consola,
sulla deserta coltrice
accanto a lui posò.

Alessandro Manzoni

goal


Il portiere caduto alla difesa
ultima vana, contro terra cela
la faccia, a non veder l’amara luce.
Il compagno in ginocchio che l’induce
con parole e con mano, a rilevarsi,
scopre pieni di lacrime i suoi occhi.
La folla- unita ebrezza - per trabocchi
nel campo. Intorno al vincitore stanno,
al suo collo si gettano i fratelli.
Pochi momenti come questo belli,
a quanti l’odio consuma e l’amore,
è dato, sotto il cielo, di vedere.
Presso la rete inviolata il portiere
- l’altro - è rimasto. Ma non la sua anima,
con la persona vi è rimasta sola.
La sua gioia si fa una capriola,
si fa baci che manda di lontano.
Della festa - egli dice - anch’io son parte.

 Umberto Saba

la quercia caduta


Dov'era l'ombra, or sé la quercia spande
morta, né più coi turbini tenzona.
La gente dice: Or vedo:era pur grande!

Pendono qua e là dalla corona
i nidietti della primavera.
Dice la gente: Or vedo:era pur buona!

Ognuno loda, ognuno taglia. A sera
ognuno col suo grave fascio va.
Nell'aria, un pianto… d'una capinera

che cerca il nido che non troverà.

                                                              Giovanni Pascoli

adolescenti


Per i ragazzi c'è un sacco di roba da studiare.
S'insegna la grammatica a scemi d'ambo i sessi.

A me invece
m'hanno scacciato dalla quinta classe.
Hanno cominciato a sbattermi nelle prigioni di Mosca.

Nel vostro
piccolo mondo
di appartamenti
crescono ricciute liriche per le camere da letto.

Che vuoi trovarci in queste liriche da cani pechinesi?

A me, per esempio,
ad amare
l'hanno insegnato
nelle carceri di Butyrki.

M'importa assai della nostalgia per il bosco di Boulogne,
e dei sospiri davanti ai panorami marini!

Io, ecco,
m'innamorai
dallo spioncino della cella 103,
di fronte all'"Impresa pompe funebri".

Chi vede tutti i giorni il sole
dice con sufficienza:
"Cosa saranno mai quei quattro raggi"!

Ma io
per un giallo illuminello
sopra un muro
avrei dato allora qualunque cosa al mondo.

 Giuseppe Ungaretti

mattina


M’illumino

d’immenso.

                                                      Giuseppe Ungaretti



mi sono innamorata


Mi sono innamorata
delle mie stesse ali d'angelo, delle mie nari che succhiano la notte,      
mi sono innamorata di me
e dei miei tormenti.
Un erpice che scava dentro le cose,
o forse fatta donzella
ho perso le mie sembianze.
Come sei nudo, amore,
nudo e senza difesa:
io sono la vera cetra
che ti colpisce nel petto
e ti dà larga resa.

                                                                    Alda Merini

perchè amo gli animali

Perché amo gli animali? Perché io sono uno di loro.
Perché io sono la cifra indecifrabile dell’erba,
il panico del cervo che scappa,
sono il tuo oceano grande e sono il più piccolo degli insetti.
E conosco tutte le tue creature: sono perfette in questo amore che corre sulla terra per arrivare a te..


                                                                 Alda Merini

grazie mamma

Grazie mamma
perché mi hai dato
la tenerezza delle tue carezze,
il bacio della buona notte,
il tuo sorriso premuroso,
la dolce tua mano che mi dà sicurezza.
Hai asciugato in segreto le mie lacrime,
hai incoraggiato i miei passi,
hai corretto i miei errori,
hai protetto il mio cammino,
hai educato il mio spirito,
con saggezza e con amore
mi hai introdotto alla vita.
E mentre vegliavi con cura su di me
trovavi il tempo
per i mille lavori di casa.
Tu non hai mai pensato
di chiedere un grazie.
Grazie mamma.

                                                        di Judith Bond

mamma

La casa senza mamma
è un fuoco senza fiamma,
un prato senza viole,
un cielo senza sole.
Dove la mamma c'è
il bimbo è un piccol re,
la bimba reginella,
la casa è tanto bella.

                                                                     Renzo Pezzani

la madre

E il cuore quando d'un ultimo battito
avrà fatto cadere il muro d'ombra 
per condurmi, Madre, sino al Signore,
come una volta mi darai la mano.

In ginocchio, decisa,
Sarai una statua davanti all'eterno,
come già ti vedeva
quando eri ancora in vita.

Alzerai tremante le vecchie braccia,
come quando spirasti
dicendo: Mio Dio, eccomi.

E solo quando m'avrà perdonato,
ti verrà desiderio di guardarmi.

Ricorderai d'avermi atteso tanto, 
e avrai negli occhi un rapido sospiro.

                                                                      Giuseppe Ungaretti

a te mamma


C'è un posto nel mio cuore, in cui ti ritrovo.
In esso domini un regno tutto tuo,
e sei regina di uno spazio senza fine,
di un tempo senza domani.

Ti parlo con le labbra dell'anima,
che sa piangere e gioire per te,
ma dimmi, perchè son maggiori le lacrime?

Forse sarà perchè ho bisogno di te,
perchè i tuoi occhi sono così immobili,
il tuo sorriso velato,
la tua bocca tremante,
nel silenzio lontano di te che non vedo,
ma che sento tanto vicina e presente in me,
Mamma! Mamma, che non sei più.

Cesare Borroni

alla mamma


Tu sei di tua madre lo specchio,
ed ella in te rivive
il dolce aprile del fior
dei suoi anni.

William Shakespeare

sabato 6 aprile 2013

Ricordati

Ricordati della [M],
Ricordati della [E];
Alla fine ricordati di ME!!!

                                                     Angela

domenica 31 marzo 2013

l'anno nuovo

Indovinami, indovino,
tu che leggi nel destino:
l'anno nuovo come sarà?
Bello, brutto o metà e metà?
Trovo stampato nei miei libroni
che avrà di certo quattro stagioni,
dodici mesi, ciascuno al suo posto,
un carnevale e un ferragosto,
e il giorno dopo il lunedì
sarà sempre un martedì.
Di più per ora scritto non trovo
nel destino dell'anno nuovo:
per il resto anche quest'anno
sarà come gli uomini lo faranno.

                                                             Gianni Rodari

filastrocca di capodanno

Filastrocca di capodanno: 
fammi gli auguri per tutto l'anno: 
voglio un gennaio col sole d'aprile, 
un luglio fresco, un marzo gentile; 
voglio un giorno senza sera, 
voglio un mare senza bufera; 
voglio un pane sempre fresco, 
sul cipresso il fiore del pesco; 
che siano amici il gatto e il cane, 
che diano latte le fontane. 
Se voglio troppo, non darmi niente, 
dammi una faccia allegra solamente.

                                                                   Gianni Rodari

comò nel comò

Una volta un accento
per distrazione cascò
sulla città di Como
mutandola in comò.

Figuratevi i cittadini
Comaschi, poveretti:
detto e fatto si trovarono
rinchiusi nei cassetti.

Per fortuna uno scolaro
rilesse il componimento
e liberò i prigionieri
cancellando l'accento.

Ora ai giardini pubblici
han dedicato un busto
"A colui che sa mettere 
gli accenti al posto giusto."

                                                       Gianni Rodari

beatitudine

"Color di perla quasi informa, quale
conviene a donna aver, non fuor misura".
Non è, Dante, tua donna che in figura
della rorida Sera a noi discende?

Non è non è dal ciel Betarice
discesa in terra a noi
bagnata il viso di pianto d'amore?
Ella col lacrimar degli occhi suoi
tocca tutte le spiche
a una a una e cangia lor colore.
Stanno come persone
inginocchiate elle dinanzi a lei,
a capo chino, umíli; e par si bei
ciascuna del martiro che l'attende.

Vince il silenzio i movimenti umani.
Nell'aerea chiostra
dei poggi l'Arno pallido s'inciela.
Ascosa la Città di sé non mostra
se non due steli alzati,
torre d'imperio e torre di preghiera,
a noi dolce com'era
al cittadin suo prima dell'esiglio
quand'ei tenendo nella mano un giglio
chinava il viso tra le rosse bende.

Color di perla per ovunque spazia
e il ciel tanto è vicino
che ogni pensier vi nasce come un'ala.
La terra sciolta s'è nell'infinito
sorriso che la sazia,
e da noi lentamente s'allontana
mentre l'Angelo chiama
e dice: "Sire, nel mondo si vede
meraviglia nell'atto, che procede
da un'anima, che fin quassù risplende".

                                                                  Gabriele D'Annunzo

un ricordo

Io non sapea qual fosse il mio malore
né dove andassi. Era uno strano giorno.
Oh, il giorno tanto pallido era in torno,
pallido tanto che facea stupore.

Non mi sovviene che di uno stupore
immenso che quella pianura in torno
mi facea, cosí pallida in quel giorno,
e muta, e ignota come il mio malore.

Non mi sovviene che d'un infinito
silenzio, dove un palpitare solo,
debole, oh tanto debole, si udiva.

Poi, veramente, nulla piú si udiva.
D'altro non mi sovviene. Eravi un solo
essere, un solo; e il resto era infinito. 

                                                               Gabriele D'Annunzio

falce di luna calante

O falce di luna calante
che brilli su l’acque deserte,
o falce d’argento, qual mèsse di sogni
ondeggia al tuo mite chiarore qua giù!

Aneliti brevi di foglie,
sospiri di fiori dal bosco
esalano al mare: non canto non grido
non suono pe ’l vasto silenzio va.

Oppresso d’amor, di piacere,
il popol de’ vivi s’addorme...
O falce calante, qual mèsse di sogni
ondeggia al tuo mite chiarore qua giù!

                                                                   Gabriele D'Annunzio

l'onda

Nella cala tranquilla
scintilla,
intesto di scaglia
come l'antica
lorica
del catafratto,
il Mare.
Sembra trascolorare.
S'argenta? s'oscura?
A un tratto
come colpo dismaglia
l'arme, la forza
del vento l'intacca.
Non dura.
Nasce l'onda fiacca,
súbito s'ammorza.
Il vento rinforza.
Altra onda nasce,
si perde,
come agnello che pasce
pel verde:
un fiocco di spuma
che balza!
Ma il vento riviene,
rincalza, ridonda.
Altra onda s'alza,
nel suo nascimento
più lene
che ventre virginale!
Palpita, sale,
si gonfia, s'incurva,
s'alluma, propende.
Il dorso ampio splende
come cristallo;
la cima leggiera
s'aruffa
come criniera
nivea di cavallo.
Il vento la scavezza.
L'onda si spezza,
precipita nel cavo
del solco sonora;
spumeggia, biancheggia,
s'infiora, odora,
travolge la cuora,
trae l'alga e l'ulva;
s'allunga,
rotola, galoppa;
intoppa
in altra cui 'l vento
diè tempra diversa;
l'avversa,
l'assalta, la sormonta,
vi si mesce, s'accresce.
Di spruzzi, di sprazzi,
di fiocchi, d'iridi
ferve nella risacca;
par che di crisopazzi
scintilli
e di berilli
viridi a sacca.
O sua favella!
Sciacqua, sciaborda,
scroscia, schiocca, schianta,
romba, ride, canta,
accorda, discorda,
tutte accoglie e fonde
le dissonanze acute
nelle sue volute
profonde,
libera e bella,
numerosa e folle,
possente e molle,
creatura viva
che gode
del suo mistero
fugace.
E per la riva l'ode
la sua sorella scalza
dal passo leggero
e dalle gambe lisce,
Aretusa rapace
che rapisce le frutta
ond'ha colmo suo grembo.
Súbito le balza
il cor, le raggia
il viso d'oro.
Lascia ella il lembo,
s'inclina
al richiamo canoro;
e la selvaggia
rapina,
l'acerbo suo tesoro
oblía nella melode.
E anch'ella si gode
come l'onda, l'asciutta
fura, quasi che tutta
la freschezza marina
a nembo
entro le giunga!

Musa, cantai la lode
della mia Strofe Lunga.

                                                                  Gabriele D'Annunzio